29 marzo 2006

Prima Regola: Silenzio

Prima regola del fight club: non si parla del fight club.
Seconda regola del fight club: non si parla del fight club.

Silenzio. Silenzio e basta. Combattete a due, ma silenzio. Senza scarpe e fino a quando lo decidete voi, voi che state combattendo. Ma i vostri occhi neri, i vostri buchi nelle guance, i vostri denti spezzati non devono parlare.

Prima regola del fight club: non si parla del fight club. Anche se tutto di te parla del fight club, dal tuo essere (o sentirti?) troppo completo, alla tua vita minuscola, fatta di panetti di burro da porzione singola e di una stretta poltrona d’aereo per quotidianità.

Ed è nel momento in cui ti liberi di tutto questo che ti senti libero. Perché se perdere ogni speranza è la libertà, allora hai bisogno di spaccare tutto per tirare fuori qualcosa di meglio da te stesso.
E cominci, cominci con la tua fisicità. Il primo passo. Il perdere la faccia, il perderti con gli altri e il perdere con gli altri. Per poter sopportare ancora quello che sei, cosa fai, la tua vita. Hai due anime: conformista e ribelle, conscia e inconscia, civilizzata e primordiale. Solo la seconda partecipa al fight club.

Seconda regola del fight club: non si parla del fight club.

E se un momento è il massimo che puoi aspettarti dalla perfezione perché non cercare di crearla questa perfezione. A tua immagine e somiglianza, dunque imperfetta. Ma la tua perfezione. E nasce così, nasce in questo modo il tuo progetto contro il mondo e contro te stesso.

Prima regola del Progetto Caos: non si fanno domande sul Progetto Caos.
Seconda regola del Progetto Caos: non si fanno domande sul Progetto Caos.

Silenzio. Silenzio e basta. Muovetevi ma in silenzio. Fate ciò che vi viene ordinato dal Comitato Aggressioni ma fatelo in silenzio. Non fatevi arrestare altrimenti siete fuori. Scimmie ammaestrate che non fanno domande. Politicamente scorretti, ma nel loro progetto giusti. Scrivanie che volano da palazzi imbottiti di succo d’arancia e nitroglicerina, palazzi in fiamme che sembrano zucche di Halloween dagli occhi di brace.
E sei tu l’artefice del progetto Caos. Tu la mente, loro le braccia.

Ma la domanda è: lo sanno loro perché stanno facendo tutto questo?
E lo sai tu perché?
Perché il fight club?
Perché il Comitato Aggressioni?
Perché il Progetto Caos?

Allora, lo sai?

Per l’unico momento che puoi ottenere dalla perfezione?
Perché ti senti soffocare?
Perché piangere è facile nel buio soffocante, chiuso dentro qualcun altro quando vedi che tutto quello che riuscirai mai a combinare finirà in spazzatura?
Perché tutto quello di cui potrai mai andare fiero finirà buttato via?
Perché sei perso dentro?

Allora, lo sai?




Scusami, dimenticavo: la prima regola è il silenzio.

20 marzo 2006

Da grande, NON voglio…

Iniziare ad ABBAIARE il lunedì mattina…
… quando tutti hanno le occhiaie da weekend ed è già un miracolo che i tuoi neurotrasmettitori si siano alzati prima delle 11 per collegare le sillabe di “Buongiorno”.
È troppo banale e scontato cominciare la settimana con un ringhio. Forse con un sorriso la curva di pessimismo della sottoscritta potrebbe alzarsi di un punto percentuale. E chi abbaia tutta la settimana potrebbe cominciare a capire lo spreco di corde vocali…

Trasformare le mie passioni in un compito per casa.
Come dire istituzionalizzare ciò che mi piace. Che adoro proprio perché non sottoposto alla logica della maggior parte delle cose che devo fare.

Vendere fumo.
Con tutto il rispetto, ma qui “L’erba di Grace” non centra nulla. Intendo parlare del vuoto pneumatico o del nulla cosmico per convincere qualcuno, delle parole che scorrono come acqua fresca, di tutto ciò che viene detto al posto di tenere la bocca chiusa. Quando all’università i cosiddetti “professionisti” parlavano senza dire nulla, uscivo dalle lezioni chiedendomi “Ma perché la facoltà di parlare a loro e non agli opossum?”.

Avere terra bruciata attorno.
Seleziono. Sì, è vero seleziono le persone con cui voglio stare, che mi fanno stare bene e che mi fanno crescere. Le persone che hanno un pezzetto del mio cuore non sono molte, ma ci sono. Non è poco svegliarmi la mattina e sapere che c’è qualcuno che nelle sabbie mobili del periodo mi tende una mano. Ma non per affossarmi.

Essere litio, ma anfetamina.
Niente pusher e niente psichiatri.
Semplicemente una parafrasi delle parole di Muccino: la persona anfetamina è quella che riesce a farti volare, che tira fuori la parte migliore di te. Quella che credevi non esistesse e per questo eri così scazzato nei confronti della vita e dell’amore.
Proprio volendo, mi accontenterei anche solo di trovarla questa persona anfetamina…

05 marzo 2006

Un po' d'ordine

Ho sempre invidiato Mary Poppins.

Nella sua borsa ci stava di tutto, mentre io nella mia fatico a metterci la Moleskine, la penna, il portafoglio, il cellulare e il libro che sto leggendo. Figurati un attaccapanni o lo sciroppo col cucchiaio!

Ma più di tutto, quello che volevo assolutamente imparare a fare era schioccare le dita e riordinare le mie cianfrusaglie. Quando ero piccola la mia camera non conosceva pietà: quando ci passavo sembrava si fosse abbattuto un ciclone. Il mio secondo nome era Attila… per la verità, in quell’unno un po’ mi ci riconoscevo.
Una volta, per ripicca credo, la mia stanza decise che alcuni vestiti sarebbero stati meglio fuori dalla finestra… mamma fu il braccio dell’operazione “Order Keeping”…

Col tempo ho imparato ad apprezzare l’ordine. Non l’ordine perfetto, quello che non ti ci puoi muovere, che se ti sposti di mezzo mm l’elemento fuori posto sei tu, ma l’ordine personale, quello vissuto, quello in cui sei tu il demiurgo che crea la propria stella danzante dal caos (Nietzsche, perdonami).

L’unico luogo in cui IordineI vorrei fosse una parola in valore assoluto è al lavoro.
Questo non significa mancanza di fogli fuori posto o di quella percentuale di confusione calcolata come costante nelle agenzie. E nemmeno l’eliminazione di brainstorming che fanno cozzare idee e cervelli.
Vuol dire solo che non vorrei ritrovarmi a recitare la preghierina a Sant’Antonio ogni volta che mi viene chiesto di cercare qualcosa, e che non vorrei “mela effare” miliardi di bit parsi su 6 diversi computer per NON trovare la versione definitiva. Sparita chissà dove tra 0, 1 e infinito.

E non si tratta solo di ordine fisico.

Mary Poppins era così fantasticamente “ordinata” nelle idee e nell’organizzazione che se vedeva una giostra di cavalli in un disegno a gesso, beh, diamine, la festa era proprio lì e lei già faceva parte degli invitati. Il suo ordine prevedeva che i pinguini ti portassero da bere, le tartarughe ti trasportassero sul loro guscio e gli animali fossero delle ugole d’oro. Il tutto con impeccabile savoir faire e nei tempi previsti.

Ogni idea ha mille sfaccettature e un suo ordine necessario alla realizzazione.

Non è un ordine universalmente riconosciuto, Mary Poppins esce da ogni schema.
È solo una questione di riuscire ad uscire dalla finestra invece che dalla porta, ascoltare invece che gridare, provare a non cristallizzare la creatività, per una volta.

Ma certi, purtroppo, non avranno mai il dono di prendere un thè sul soffitto al ritmo di una risata. Nemmeno con la fantasia.