30 ottobre 2006

Da una Serata di chiacchiere

Il nostro più grande errore è quello di credere che il mondo ci capisca, così come noi proviamo a capire lui. Con la stessa intensità, con lo stesso impegno, con la stessa umanità.

Ed è così difficile trovare qualcuno così vicino all’assenza di giudizio che talvolta ci sentiamo sbagliati e diversi. Ma forse siamo solo un po’ più originali o un po’ più confusi o un po’ più stanchi e frustrati. E non riusciamo a vedere questo “un po’” perché gli altri con le loro etichette ci preparano una gabbia.

Quelli che riescono a non aggiungere una sbarra e, invece di guardarci con lo sguardo di chi crede di essere normale e giusto, aprono la porta della gabbia per sedersi accanto a noi, sono pochi.

A questi pochi, grazie.

18 ottobre 2006

Pennellate di lungomare

Non sono nata in una città di mare, ma a lui appartiene una parte di me.

E al mare mi sono rivolta l'altra sera, come milioni di altre sere da quando mi trovo qui.

Camminavo su quel pezzo di lungomare che, a vederlo, fa sorridere uno che al mare vero – quelloconlasabbiaeimoli- c’è abituato. Camminavo lì, a due metri dallo stradone trafficato e, improvvisamente…

Ogni piastrella, un ricordo…
Il porticciolo, una nuotata di notte…
Uno scoglio, una serata di chiacchiere e vino avvolti negli asciugamani…
La spiaggetta di sassi, un pomeriggio estivo di sole…
I lampioni, le mete di una corsa dopo lo studio…

Piede destro, piede sinistro. E poi ancora piede destro e un’altra volta sinistro. Ad ogni nuovo passo si scriveva una frase nella mia testa, ogni parola si collegava miracolosamente con la seguente senza stridere, e tutto quello che vedevo si trasformava in una sorta di poesia. Le note che il lettore cd mi sparava nelle orecchie sembravano seguire qualche strano magnetismo dell’etere, perché si accordavano perfettamente a quello che vedevo, che sentivo, che pensavo. Colonne sonore, azzeccate come quelle che partono nei film…

In questa città, dove i palazzi un po’ grigi a volte mi tolgono il respiro, il mare riesce sempre a regalarmi una pennellata di libertà. E, a volte, mi piacerebbe dipingerlo con la sua stessa anima, con quell’azzurro che riesce a cullarmi dentro senza toccarmi. Perché lui è vivo e respira.
I quadri di Plasson sono come le tele che il mare dipinge nei miei pensieri, dipinti con la sua essenza più vera e ciononostante ostinatamente bianchi. Non vuoti, solo bianchi. E il bianco è l’unione di tutti i colori, un unione che nasconde ciò di cui si compone. Superficie e profondità.